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Periodico registrato presso il Tribunale di Ancona n. 13 del 10 maggio 2012

ISSN: 2280-756X

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Agricoltori per sempre (o quasi)

Giovani e imprese nelle Marche


Andrea Arzeni
Istituto Nazionale di Economia Agraria

Agrimarcheuropa, n. 2, Giugno, 2012

In attesa dei dati definitivi del Censimento agricolo, è possibile esprimere qualche valutazione sulla presenza dei giovani agricoltori attraverso i dati delle imprese iscritte nei registri camerali. Questa fonte informativa è molto meno dettagliata rispetto al Censimento ma consente di effettuare il confronto tra tutti i settori di attività economica (1).
La figura che segue rappresenta l’età media ponderata (2) per settore di attività economica nelle Marche e mette subito in evidenza come il fenomeno dell’invecchiamento degli imprenditori caratterizzi in particolare il settore primario.

Figura 1 – Età media ponderata dei titolari di impresa nelle Marche nel 2011

Fonte: nostra elaborazione su dati Regione Marche - banca dati Stockview

C’è uno scostamento di 13 anni con la media regionale che gli agricoltori contribuiscono a innalzare in quanto le imprese del primario sono quasi 29 mila che rappresentano il 27% di tutte le attività economiche registrate nel 2011.
Tralasciando il dato medio del comparto cave e miniere composto solo da 22 imprese nella regione, il distacco dagli altri settori di attività è netto ed incontrovertibile: la questione dell’età media avanzata dei titolari di impresa (3) riguarda quasi esclusivamente il settore primario.
Per capire se si tratta di una caratteristica peculiare delle imprese marchigiane è opportuno un confronto con i dati nazionali che sono però più aggregati rispetto alle classi di età per cui non è possibile elaborare lo stesso indicatore dell’età media, in compenso è possibile distinguere l’agricoltura dalla pesca.
Dal confronto tra i dati regionali e nazionali emerge come nelle Marche, l’incidenza della classe di titolari con meno di 30 anni è minore sia con riferimento a tutte le attività economiche che al settore agricolo, anzi il divario aumenta per quest’ultimo (Tabella 1).

Tabella 1 – Ripartizione dei titolari nel 2011 per classe di età e settore di attività, (in %) 

Fonte: nostra elaborazione su dati Regione Marche e Movimprese

Analogamente la quota di coloro che hanno più di 50 è maggiore a livello regionale rispetto alla media nazionale ed anche in questo caso la forbice si amplia per il settore agricoltura, caccia e silvicoltura.
Da questi dati ne deriva che la presenza di giovani è in generale modesta sia Italia che nelle Marche ma il fenomeno è molto più marcato nella regione.
Prima di analizzare l’evoluzione di questo fenomeno nel tempo è possibile sviluppare una serie di considerazioni per cercare di individuare le principali motivazioni.
Innanzitutto c’è una componente demografica di fondo, data dal progressivo allungamento della vita media che vede le Marche tra le prime regioni in Italia (4) (ISTAT, 2011).
Il miglioramento delle condizioni di vita ha consentito quindi anche un allungamento del periodo lavorativo e questo aspetto risulta particolarmente rilevante in agricoltura in quanto è minima la quota di lavoratori dipendenti, specie considerando i titolari di impresa, per cui il raggiungimento dell’età pensionabile non implica il distacco dall’attività economica.
Rispetto al passato, la maggiore permanenza degli agricoltori in azienda è dovuta anche a fattori organizzativi come ad esempio il ricorso al lavoro meccanizzato che ha sostituito le più faticose operazioni manuali, e l’affidamento a terzi, tramite affitto o contoterzismo, di alcune fasi produttive o addirittura dell’intera attività aziendale mantenendone la titolarità per l’accesso agli aiuti comunitari. Quest’ultimo aspetto legato ai diritti associati ai terreni agricoli, favorisce sicuramente l’allungamento del periodo lavorativo a causa della scarsa mobilità del mercato fondiario. 
Da ricordare inoltre come per la maggior parte degli agricoltori, a differenza degli altri operatori economici, l’abitazione coincide con l’azienda per cui il legame con la terra fa parte della quotidianità, senza orari prefissati e ben oltre il normale periodo lavorativo. Questa situazione consente inoltre alle aziende a conduzione diretta di coinvolgere gli altri familiari anche se solo part-time o stagionalmente, soggetti che in altri contesti sarebbero usciti dal mercato del lavoro.
Strettamente connessa a questo aspetto sociale è la percezione che hanno gli agricoltori per quanto riguarda il patrimonio aziendale che quindi coincide con quello familiare. Cessare l’attività aziendale significa quindi perdere una buona parte della ricchezza accumulata ed è purtroppo la situazione più comune in quanto sono elevate  le difficoltà di cederla o di trasferirla integralmente.
La cessione di attività ad altri soggetti economici in agricoltura è una situazione poco frequente, semmai è più probabile lo smembramento aziendale e l’acquisto dei terreni per ampliare altre proprietà. Il trasferimento della titolarità aziendale all’interno della famiglia è più diffuso ma vincolato dalla scarsa disponibilità dei giovani a restare in agricoltura, specie se non esistono quelle dotazioni strutturali che consentono di raggiungere minime condizioni reddituali (Corsi et. al 2005, Rete Rurale Nazionale, 2010).
Tutte le riflessioni esposte forniscono indicazioni utili per comprendere le peculiarità del settore agricolo, però non spiegano la marcata differenza tra dati regionali e nazionali. La maggiore aspettativa di vita non può da sola giustificare la minore presenza di giovani e la maggiore di anziani in agricoltura. Occorre quindi considerare altri elementi  che costituiscono una peculiarità della situazione marchigiana.
Un primo fattore che concorre alla permanenza degli agricoltori in attività è il prevalente orientamento produttivo verso le coltivazioni di seminativi ed in particolare dei cereali. Questa tipologia produttiva fa un intenso utilizzo di operazioni meccanizzate che possono essere effettuate anche da persone non più giovani o delegate a terzi. Ciò consente di abbattere l’impiego di manodopera invece necessario per l’allevamento o altre coltivazioni come ad esempio quelle arboree.
Un’altra componente può derivare dalla presenza ancora diffusa della popolazione sul territorio e quindi dei servizi sociali connessi che consentono ancora alle famiglie composte da anziani di vivere in aree relativamente remote. Per quanto la dinamica demografica degli ultimi decenni sia stata caratterizzata nelle Marche da una concentrazione della popolazione verso la costa, il tessuto sociale delle aree interne, almeno di quelle collinari, è ancora interconnesso, consentendo di mantenere una sufficiente densità insediativa che garantisce la presenza di alcuni servizi essenziali alla popolazione quali ospedali e scuole. Se la concentrazione demografica fosse stata più marcata e la dispersione più penalizzante, come in altri contesti regionali, l’abbandono delle aree interne avrebbe costretto anche molti agricoltori anziani a lasciare l’abitazione-azienda per vivere nei centri urbani, fenomeno che è comunque evidente nelle aree montane più remote della regione.
Quest’ultima considerazione però sembrerebbe contrastare con la modesta presenza dei giovani in agricoltura nelle Marche, che sono poco più della metà della media nazionale anche considerando la classe fino ai 50 anni. In effetti non sembrano esserci motivazioni legate alle condizioni sociali delle aree interne che per certi versi mostrano livelli di qualità della vita analoghi o superiori ai maggiori centri urbani, semmai sono le minori opportunità occupazionali a favorire il trasferimento dei giovani verso le aree più densamente abitate (Corsi et al. 2005). Questa forza attrattiva esercitata dai settori extragricoli appare ora molto indebolita se non del tutto esaurita, e questo potrebbe favorire la permanenza dei giovani in agricoltura, ma anche il loro trasferimento verso aree lontane fuori della regione o all’estero.
Un ulteriore aspetto da tenere in considerazione è prettamente matematico: la maggiore presenza nelle Marche delle aziende agricole condotte da anziani abbatte la quota dei giovani ma nel contempo la tendenziale fuoriuscita di aziende condotte da anziani innalzerà questa percentuale anche se numericamente i giovani non dovessero aumentare. Ne consegue che questo è un indicatore non sempre adeguato per esprimere una valutazione complessiva del fenomeno in quanto ad esempio non tiene conto della rilevanza economico-produttiva delle imprese agricole. Ogni nuovo insediamento aziendale da parte di un giovane imprenditore compensa molto più della fuoriuscita di una piccola azienda condotta da anziani per cui il semplice conteggio numerico ha evidenti limiti interpretativi. Sotto questo profilo i dati censuari consentiranno di quantificare e affinare queste riflessioni.
Una seconda causa della modesta quota di giovani agricoltori marchigiani, questa volta sostanziale, può essere attribuita alle maggiori difficoltà insite nell’avvio di nuove attività di impresa in un settore economico dove ancora gli investimenti materiali sono essenziali e molto vincolanti (Corsi et al. 2005). In effetti la costituzione di nuove imprese in altri settori economici appare notevolmente più semplice sia per le dimensioni finanziarie iniziali che per la propensione al rischio e per le competenze imprenditoriali richieste. 
Tralasciando il settore dei servizi dove la componente immateriale assume un ruolo cruciale per cui un’impresa può nascere solo attorno ad una idea senza grandi capitali (si pensi ad esempio alle attività on-line), nel settore manifatturiero l’avvio di una attività richiede investimenti materiali anche ingenti ma a differenza dell’agricoltura gli elementi di rischio sono quasi esclusivamente connessi all’andamento dei mercati e in caso di insuccesso i capitali tecnici possono essere comunque riconvertiti verso altri utilizzi.
Nel settore agricolo invece oltre ad un mercato particolarmente volatile, l’imprenditore è soggetto ai rischi ambientali (es. clima, patologie) che incidono sulla quantità e sulla qualità delle produzioni, e le scelte di investimento sono molto vincolanti nel tempo (alcuni cicli produttivi durano anni) e nello spazio (i terreni agricoli non si possono trasferire o delocalizzare come un impianto industriale).
In una regione come le Marche dove le alternative occupazionali, almeno prima della crisi, erano consistenti e dove le attività agricole sono generalmente a basso valore aggiunto, è chiaro che i giovani siano assai poco attratti a succedere ai familiari o a avviare una nuova impresa. 
Per capire se si tratta di una situazione in evoluzione è utile analizzare la serie storica  che copre il periodo che va dal 2005 al 2011 (Figura 2).

Figura 2 – Quota dei titolari per classe di età nel settore agricolo 

Fonte: nostra elaborazione su dati Regione Marche e Movimprese

I dati camerali disponibili non consentono di discriminare la classe di età fino ai 40 anni che individua la soglia per l’accesso ai finanziamenti pubblici destinati ai giovani agricoltori. Quindi la soglia dei 30 anni che è il limite della prima classe di età, sottostima la presenza di giovani nel settore agricolo, considerando il periodo di studio, ma tenendo conto appunto che l’incentivazione per il trasferimento della titolarità aziendale può avvenire successivamente.
Il confronto tra la dinamica regionale e nazionale, per la classe di età fino a 30 anni, evidenzia un andamento tendenzialmente decrescente in Italia con una stabilizzazione negli ultimi tre anni, mentre nelle Marche la quota appare più stabile con un leggero incremento nel 2008 dove forse hanno influito le azioni del PSR che favoriscono l’insediamento dei giovani agricoltori ed il ricambio generazionale.
Il divario tra i due indicatori resta però elevato ed anzi appare in ulteriore crescita negli ultimi anni, segnale che fa comprendere come sia difficile per l’azione pubblica contrastare una tendenza generale (Rete Rurale Nazionale, 2011).
Il grafico relativo alla classe tra i 30 e i 49 anni mostra un differenziale più ampio tra Marche ed Italia che supera sempre i 10 punti percentuali. Questa è una classe di età in cui si è nel pieno delle potenzialità professionali, se ovviamente si dispone delle dotazioni strutturali e delle capacità adeguate. E’ probabilmente questo scostamento a indicare una delle maggiori criticità dell’agricoltura regionale: non solo mancano i giovani agricoltori ma è poco presente quella classe intermedia che con un orizzonte economico di almeno 20 anni può ancora investire sulla propria azienda.
L’evoluzione segnala inoltre come questo divario si sta ulteriormente ampliando.
Per concludere, i dati camerali confermano una situazione già nota ma la contestualizzano rispetto alle altre attività economiche rendendo ancora più evidenti le peculiarità del settore agricolo e in particolare di quello marchigiano.
L’elevata presenza di titolari in età avanzata testimonia lo stretto legame tra agricoltura e società attraverso un rapporto che va oltre la funzione economica dell’azienda agricola in quanto resta il luogo dove continuare a vivere dopo l’età che formalmente scandisce la fine dell’attività lavorativa (Sotte et al. 2005).
Proprio per il fatto che le aziende agricole non sono sempre e solo imprese economiche, la permanenza dei giovani o il loro ingresso sono più difficili in quanto non trovano quelle situazioni reddituali e strutturali che consentono di competere su di un mercato sempre più globalizzato. A questo si aggiunge la bassa redditività delle attività di coltivazione ed allevamento che non sono in grado di remunerare adeguatamente i notevoli sacrifici richiesti a chi decide di intraprendere la professione di agricoltore.
Il problema è complesso e le soluzioni semplici quindi non possono funzionare se non marginalmente. Gli interventi a favore dei giovani agricoltori si scontrano spesso con altre politiche che ostacolano la mobilità fondiaria, garantendo rendite sulla proprietà indipendentemente dal suo utilizzo, che premiano le garanzie reali rispetto al progetto imprenditoriale, che sottovalutano l’importanza del capitale umano per la formazione di una classe imprenditoriale agricola capace di comprendere ed affrontare le principali criticità del settore. L’aggregazione dell’offerta, l’introduzione delle innovazioni di processo e di prodotto, la diversificazione produttiva e la multifunzionalità, sono aspetti che possono essere affrontati con successo da imprenditori capaci e adeguatamente formati, che hanno a disposizione un adeguato orizzonte temporale.
Occorre in ogni caso prendere atto di una evoluzione che continuerà con una ulteriore diminuzione delle imprese agricole, fenomeno da monitorare costantemente per valutare gli effetti che avrà sulla società e sul territorio rurale, e che subirà una accelerazione in relazione alla riduzione progressiva degli aiuti pubblici.
La crisi ancora in atto ha paradossalmente creato nuove opportunità in agricoltura in quanto c’è un consistente interesse da parte di molti investitori ad acquistare terreni non solo come bene rifugio, ma anche perché la delusione derivante dai mercati finanziari fa crescere il desiderio, che diventa ormai necessità, di produrre qualcosa di concreto e non virtuale, e l’agricoltura è la prima componente dell’economia reale.
La produzione di alimenti acquista maggiore rilevanza in periodi di crisi come questo in quanto esigenza scarsamente comprimibile, al contrario di quanto avviene ad esempio per l’acquisto di altri beni come l’abbigliamento o la casa. Il comportamento anticiclico dell’agroalimentare suggerisce che proprio questo è il periodo in cui occorre massimizzare gli investimenti pubblici e privati per far si che il motore per lo sviluppo riprenda a funzionare.   

 

Riferimenti

Corsi A., Carbone A., Sotte F. (2005), "Quali fattori influenzano il ricambio generazionale?", Agriregionieuropa, anno 1, n. 2.
Massoli B., De Gaetano L. (2003), "L’invecchiamento dei conduttori agricoli e le difficoltà del ricambio generazionale", XL Convegno di Studi della SIDEA, Gruppo di lavoro “Politiche e processi".
ISTAT (2011), Indicatori demografici, [Link]. 
Rete Rurale Nazionale (2010), L’Atlante dei giovani agricoltori, Giovani e Pari Opportunità - MiPAAF COSVIR V, Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, Roma. Reperibile al seguente [link].
Rete Rurale Nazionale (2011), Le potenzialità del subentro in agricoltura su scala familiare in italia, Giovani ‐ MiPAAF COSVIR V, Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, Roma. Disponibile al seguente [link]. 
Sotte F., Carbone A., Corsi A. (2005), "Giovani e impresa in agricoltura. Cosa ci dicono le statistiche?", Agriregionieuropa, anno 1, n. 2.  

 

Note

(1) Le attività sono classificate attraverso la codifica ATECO, che risponde ai criteri della nomenclatura merceologica internazionale.
(2) L’indicatore è stato calcolato moltiplicando l’incidenza delle singole classi di età (18-29, 30-49, 50-69, 70 ed oltre) sul totale dei titolari per l’anno centrale della classe o per l’aspettativa di vita per la classe degli ultrasettantenni (86 anni).
(3) Il termine impresa è utilizzato in questo contesto come sinonimo di attività economica in quanto l’iscrizione nei registri camerali è generalmente obbligatoria e quindi non pone una soglia dimensionale minima ad esclusione dell’agricoltura dove è facoltativa per le aziende che hanno fatturato nell’anno precedente meno di 2.500 euro circa (circa 7.750 per quelle in aree montane o assimilabili).
(4) La speranza di vita alla nascita è pari a 80,3 anni per gli uomini (1a regione) e 85,4 anni per le donne (2a posizione dopo il Trentino-Alto Adige).

 

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