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Periodico registrato presso il Tribunale di Ancona n. 13 del 10 maggio 2012

ISSN: 2280-756X

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Agricoltura sociale 2.0. Percorsi e prospettive nell’ambito dello sviluppo rurale responsabile

Saverio Senni
Università degli Studi della Tuscia

Agrimarcheuropa, n. 5, Dicembre, 2014

Introduzione

Negli ultimi anni, ed in particolare con un’accelerazione degli ultimi mesi, l’attenzione e l’interesse verso le molteplici funzioni sociali che le attività agricole possono rivestire sta velocemente crescendo e allargandosi. È sufficiente menzionare l’infittirsi di eventi di confronto, discussione, condivisione, approfondimento sulla tematica dell’agricoltura sociale, che vedono, pressoché ovunque, protagonisti, nonché platee di ascolto, eterogenee, che condividono la ricerca di percorsi attivi che possano dare risposte, a cui i tradizionali sistemi e approcci del welfare sembrano non riuscire più a dare.
Tale attenzione tende spesso a fuoriuscire dalla specifica tematica per chiamare in causa da un lato l’approccio stesso allo sviluppo rurale tout court, dall’altro per interpellare le pratiche di welfare più consuete e comuni, il cosiddetto welfare riparativo, che nel più ampio contesto della crisi socioeconomica non riesce più a star dietro alle tante “riparazioni” da realizzare.
Questa breve nota affronterà solo alcune delle questioni in gioco sul tema dell’agricoltura sociale, con un accenno all’iniziativa regionale denominata “Rurale Sociale”.

Oltre la sostenibilità: per uno sviluppo rurale responsabile

Si è ormai abituati a qualificare lo sviluppo, in particolare lo sviluppo rurale, con l’aggettivo sostenibile. Si comprende bene l’esigenza di sottolineare la necessità di agire per uno sviluppo che sia in grado di essere “durabile” - come i francesi definiscono la sostenibilità - ma non sarà che la condizione di sostenibilità debba essere considerata già inclusa in quella di sviluppo? In altri termini, in mancanza di sostenibilità, è possibile parlare di sviluppo, in senso proprio? Non è questa la sede per sviluppare ulteriormente tale riflessioni. Ciò che è invece importante da sottolineare, e che la prospettiva aperta dall’attenzione nei confronti dell’agricoltura sociale ha contribuito a far emergere, è che non appare più sufficiente esprimersi in termini di sostenibilità senza considerare anche, in modo esplicito, la questione della responsabilità.

Sviluppatasi prevalentemente nell’alveo della Corportate Social Responsability, il tema della responsabilità sociale delle imprese, agricole e non, in realtà riguarda ogni singolo gesto degli individui e delle loro organizzazioni economiche che definiamo imprese.
La consapevolezza del ruolo della responsabilità nelle azioni degli attori di un sistema sociale ed economico si è andata attenuando anche a seguito dei processi di globalizzazione che inevitabilmente dilatano, anche notevolmente, le distanze tra le azioni e le conseguenze ultime delle azioni stesse (Zamagni, 2013).
Tutto ciò che riavvicina questi due momenti, riporta in primo piano la dimensione della responsabilità. Quando un’impresa agricola si coinvolge in azioni che hanno un esplicito carattere educativo, formativo, riabilitativo, di accoglienza e di inclusione per persone in temporanea o permanente difficoltà, sperimenta la prossimità degli effetti del proprio coinvolgimento e, quasi automaticamente, viene interpellata sul terreno della responsabilità.
Con questo non si intende sostenere che l’impresa agricola che opera su mercati globalizzati e sostanzialmente anonimi possa agire in modo “irresponsabile”. Al contrario: sono le pratiche di agricoltura sociale a contribuire a rafforzare l’importanza della responsabilità nell’agire imprenditoriale. La responsabilità, in altri termini, non può più essere considerata come un’opzione, ma come un requisito dello sviluppo.

L’agricoltura sociale tra multifunzionalità e diversificazione

La differenza concettuale tra multifunzionalità e diversificazione non è sempre chiara a coloro che utilizzano, spesso confondendoli, questi termini. L’OCSE (2001) e molti autori (per tutti Van Huylenbroeck et al., 2007) hanno delineato con chiarezza la differenza tra i due concetti. In sintesi, il termine multifunzionalità si fa riferimento ad una caratteristica dell’attività agricola (o di qualunque altra attività) che nel suo svolgersi può rispondere ad una pluralità di bisogni della società. Da più parti si sottolinea come l’agricoltura abbia una sua storia intrinsecamente multifunzionale, carattere non lontano dal concetto di produzione congiunta, che interessa diverse attività produttive agricole. La modernizzazione del settore primario ha implicato, con modalità e intensità differenti, una tendenza verso la specializzazione produttiva e verso la prevalenza, quando non dominanza, della funzione strettamente produttiva di materie prime per l’industria alimentare.
La diversificazione, più che ad una caratteristica, fa riferimento ad un obiettivo dell’impresa agricola, perseguito dunque in modo intenzionale ed esplicito per finalità riconducibili in genere all’integrazione o alla stabilità del reddito aziendale, ma a volte anche di altra natura (occupazionali, patrimoniali o legate alle motivazioni intrinseche dell’imprenditore o di suoi collaboratori).
E’ utile richiamare questa distinzione terminologico-concettuale quando si va a delineare come la legge nazionale sull’agricoltura sociale ha definito tale attività.
La legge, approvata nel luglio scorso alla Camera e in attesa di approvazione da parte del Senato, all’articolo 2 definisce l’agricoltura sociale come l’insieme delle “attività esercitate dagli imprenditori agricoli di cui all'articolo 2135 del codice civile, in forma singola o associata, dirette a realizzare:

  • l’inserimento socio-lavorativo di soggetti svantaggiati (comma A);
  • prestazioni e attività sociali e di servizio per le comunità locali mediante l'utilizzazione delle risorse materiali e immateriali dell'agricoltura, tra cui sono compresi gli agrinido e agriasilo (comma B);
  • prestazioni e servizi terapeutici che, attraverso l'ausilio di animali allevati e la coltivazione delle piante, affiancano le terapie della medicina tradizionale (comma C);
  • progetti finalizzati all'educazione ambientale e alimentare attraverso l'organizzazione di fattorie sociali e didattiche riconosciute a livello regionale (comma D).

Il testo di legge specifica poi che i commi B, C e D sono da considerarsi come attività connesse, ai sensi dell’art. 2135 del codice civile. Così sono dunque gli agrinido, di cui si dirà nel prossimo paragrafo. A riguardo dell’inserimento socio-lavorativo (comma A), nell’ambito dell’agricoltura sociale viene realizzato ovviamente all’interno della conduzione della pratica agricola, nelle sue varie operazioni colturali o di allevamento, e non in modo “connesso” ad essa. Esso dunque tende ad delineare l’esperienza dell’agricoltura sociale come una modalità di fare agricoltura che si propone di generare esiti di tipo sociale (inclusione/integrazione) e in questo senso la porta ad assomigliare ad altre modalità di fare agricoltura in modo responsabile – agricoltura biologica ad esempio – che non sono certo rappresentabili e gestibili normativamente in termini di attività connessa.
Questa semplice, ma evidente, “difficoltà” che ha avuto il legislatore ad inquadrare l’agricoltura sociale è indice della complessità dell’espressione e della sua capacità di essere adottata per realtà e situazioni anche molto diverse fra loro.

L’esperienza dell’Agrinido di Qualità della Regione Marche

Nell’ambito dell’iniziativa della Regione Marche, denominata “Rurale Sociale”, il progetto Agrinido di Qualità ne costituisce una delle azioni maggiormente innovative (Martellini, 2011).
Alla luce di quanto realizzato nei primi tre anni, pur non potendosi ancora trarre delle valutazioni, è possibile però delinearne alcuni elementi di originalità che meritano essere sottolineati in questa sede.
Al momento di scrivere questa nota sono 6 gli Agrinido di Qualità avviati nella Regione. Un numero che può apparire contenuto, ma considerando che si tratta di una sperimentazione e che di fatto queste esperienze stanno aprendo una strada nuova sia dal punto di vista del fare impresa in agricoltura sia da quello più marcatamente pedagogico-educativo, i significati di queste iniziative nel panorama rurale delle Marche appaiono ancora tutti da esplorare.
In questa sede ci limitiamo a sottolineare due aspetti del progetto Agrinido di Qualità.
Un primo aspetto riguarda il percorso di autorizzazione, condotto dall’amministrazione regionale, che non ha richiesto una normativa ad hoc o in deroga alle norme esistenti per i nidi per l’infanzia ma, attraverso un lavoro di raccordo tra il Servizio Agricoltura e quello delle Politiche sociali è stato tracciato un percorso per l’attivazione di agrinidi, senza dover modificare la legislazione esistente.
Il secondo aspetto riguarda la dimensione economica degli aiuti previsti. Aver mantenuto il sostegno finanziario da parte della Regione sostanzialmente contenuto e parziale, per quanto concerne sia gli investimenti che i costi di gestione,  sgombera il campo da qualunque possibile avvicinamento opportunistico all’avvio di un agrinido, e posiziona il sostegno pubblico nel suo più appropriato ruolo di strumento per aiutare alla realizzazione un progetto di impresa che, in questo specifico ambito, tende anche a sovrapporsi con progetti di vita di imprenditori e imprenditrici agricoli che si mettono così in gioco in ambito pedagogico-educativo.

Concludendo

È indubbio che l’interesse che le imprese agricole stanno dedicando ai percorsi di diversificazione e di multifunzionalità non derivi, se non in parte, dalla difficile congiuntura del paese. Rappresenta un processo di profonda trasformazione della società (non solo di quella rurale) il cui approdo finale non è ancora delineabile.
Superata una prima fase di curiosità e di prima conoscenza (quella rappresentabile come “agricoltura sociale 1.0”) una platea ampia, se non come numero, come ambiti interessati – imprenditorialità agricola, cooperazione sociale, associazionismo, soggetti pubblici, centri di ricerca, cittadini – sta avvicinandosi all’agricoltura sociale intravedendola non tanto come “la” soluzione a delle criticità sociali, particolarmente acute nel periodo che stiamo attraversando, ma come un ampliamento del menu delle soluzioni, integrandolo con una possibilità originale, innovativa e tradizionale al tempo stesso.

Riferimenti bibliografici

Di Iacovo F. (2008), Agricoltura sociale: quando le campagne coltivano valori, Franco Angeli, Milano.
Martellini C. (2011), “Il progetto "Rurale Sociale" e il modello Agrinido di Qualità della Regione Marche”, Agrimarcheuropa, n. 0, Dicembre.
Nelson J.A. (2006), Economics for Humans, The University of Chicago Press, Chicago.
Zamagni S. (2013), Impresa responsabile e mercato civile, Il Mulino, Bologna.
OECD (2001), Multifunctionality: Towards an Analytical Framework, Parigi.
Van Huylenbroeck G., Vandermeulen V., Mettepenningen E., Verspecht A., (2007), “Multifunctionality of Agriculture: A Review of Definitions, Evidence and Instruments”, LivingReviews in Landscape Research, vol. 1, pp. 1-38.

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