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Periodico registrato presso il Tribunale di Ancona n. 13 del 10 maggio 2012

ISSN: 2280-756X

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La politica di sviluppo rurale 2014-2020 nelle Marche

Primi elementi di riflessione


Lorenzo Bisogni
Regione Marche

Agrimarcheuropa, n. 0, Dicembre, 2011


Premessa

Il 12 ottobre sono state presentate le proposte di Regolamento della Commissione Europea, al Parlamento e al Consiglio Europeo, relative alla nuova Politica Agricola Comune, che fa ancora leva sugli attuali due Pilastri. Il primo Pilastro agisce con pagamenti diretti agli agricoltori e con misure di mercato, mentre il secondo interviene a favore dello sviluppo rurale. 
Rispetto al periodo 2007-2013, per quanto riguarda lo sviluppo rurale, importanti elementi di novità sono costituiti dalla presenza di un Quadro Strategico Comune e da un Contratto di Partnership tra Stato membro ed Unione europea che prevede obiettivi quantificati, la misurazione dei risultati ed una premialità sulla base dei risultati stessi. Il Contratto è unico per tutti i fondi comunitari.
Altro aspetto importante da considerare nel momento di affrontare la nuova fase di programmazione è la definizione della struttura del PSR indicata dalle proposte di regolamento, non più basata su misure rigidamente inserite in 4 assi, ma su misure che possono essere organizzate in modo flessibile per il raggiungimento di 6 obiettivi. È inoltre prevista la possibilità di attivare 4 sottoprogrammi con aiuti maggiorati, finalizzati al sostegno di giovani, zone montane, filiere corte e piccole aziende.
Uno sguardo preliminare, ora, al contesto generale e specifico agricolo. Le analisi e gli studi realizzati dall’Osservatorio Agroalimentare delle Marche mostrano come l’economia italiana ed in misura minore marchigiana, si sia avviata da oltre un decennio verso una progressiva perdita di competitività, aggravata dalla recente crisi del 2009. In tale contesto il settore agricolo ha però dimostrato una capacità di tenuta durante la crisi superiore agli altri comparti, lasciando sperare in un suo ruolo non marginale nel recupero di competitività e di occupazione per i prossimi anni.
La recente pubblicazione dei dati provvisori sul censimento dell’agricoltura 2010, riguardo ai quali è presente uno specifico approfondimento su questa rivista a cui si rimanda per una lettura più analitica, ha evidenziato alcuni elementi di cui tenere conto nella prossima fase di programmazione.
Di seguito si riportano i dati di maggior rilievo: 1) la riduzione del 24% delle aziende agricole regionali a fronte di una riduzione del 4% della SAU con l’evidente risultato dell’aumento della superficie media aziendale, che rimane comunque troppo bassa; 2) riduzione del 17% dei capi bovini allevati contro una media nazionale del 6%; 3) conferma del dato elevatissimo dei seminativi che rappresentano l’80% della SAU; 4) aumento della estensione media delle superfici pascolive aziendali. È questa la fotografia di un’agricoltura prevalentemente estensiva e a basso impiego di manodopera.
Sicuramente la nostra agricoltura presenta anche numerose realtà aziendali altamente professionali dove si è puntato sulla qualificazione e l’innovazione di prodotto e di processo, ma queste rappresentano ancora una porzione troppo bassa delle imprese regionali. Non vi è dubbio che anche nei prossimi anni l’azione regionale dovrà continuare a spingere le imprese verso questa direzione.
In questa sede non si entra nel merito delle scelte operate dalla Commissione Europea nell’ambito del primo Pilastro. Si evidenzia tuttavia, che sebbene la riduzione complessiva per le Marche dei fondi non dovrebbe superare il 15-20% delle attuali risorse, il criterio della “regionalizzazione” determinerà una drastica riallocazione delle risorse a vantaggio di alcuni settori ed alcune aree, che andrà attentamente valutata in fase di programmazione. In estrema sintesi si evidenzia: a) una riduzione compresa tra un terzo e due terzi del sostegno per i seminativi, l’olivicoltura ed il settore lattiero caseario nella media e bassa collina; b) il pagamento di premi ad ettaro per l’ortofrutta ed i vigneti mai previsti sinora; c) un aumento dal 50% al 150% del sostegno per le coltivazioni e gli allevamenti delle aree montane.

Politiche territoriali

L’esperienza maturata nella gestione delle risorse comunitarie nell’attuale periodo di programmazione portano alla individuazione di una prima opzione per il nuovo Programma di Sviluppo delle aree Rurali delle Marche: l’orientamento verso un approccio bottom-up delle scelte di intervento, unito ad una integrazione a livello territoriale delle diverse azioni di sostegno.
Si tratta di far evolvere progressivamente l’azione regionale, da una strategia incentrata sui sussidi alle imprese nell’ottica di interventi settoriali decisi dal governo centrale, verso la realizzazione di interventi ad hoc individuati per specifici contesti territoriali, definiti sulla base di scelte effettuate dagli attori locali.
Questa logica di intervento territoriale, nel garantire la massima aderenza degli interventi alle esigenze locali, può anche favorire il superamento della prolungata discussione sulle scelte di decentramento amministrativo, che oggi del resto non possono prescindere dall’attuale contesto politico, che potrebbe determinare modifiche sostanziali dell’ordinamento istituzionale nazionale.
I criteri che guideranno l’azione regionale dovranno tenere conto del grado di debolezza delle istituzioni sia formali che informali dei diversi territori, che si traducono in diverse capacità di attivare un processo partecipativo dal basso di conoscenza ed auto-valutazione delle potenzialità locali. Gli elementi decisivi in tale ambito sono: le capacità e le conoscenze individuali; la fiducia individuale nelle potenzialità di sviluppo del proprio territorio; le capacità istituzionali pubbliche e private di governare processi decisionali collettivi; il livello di partecipazione democratica ai possibili processi decisionali.
L’interazione di questi elementi conduce alla definizione di situazioni locali diversificate, tra le quali potremmo riconoscere due condizioni di confine: a) aree con la presenza di un sistema rurale locale integrato ed attivo, con una elevata densità relazionale, in grado di esprimere un adeguato livello di autoconsapevolezza delle potenzialità di sviluppo del territorio e delle possibili strategie di sviluppo locale; b) aree con presenza di un contesto socio-rurale debolmente interconnesso in cui non vi è la visione di possibili strategie comuni di sviluppo integrato e manca o è debole il senso di appartenenza all’area da parte dei cittadini e degli operatori economici.
Le diverse situazioni richiedono azioni modulate e meglio rispondenti alle esigenze dei territori, che potranno riguardare prevalentemente la costruzione ed il rafforzamento delle istituzioni formali ed informali o viceversa orientarsi maggiormente verso interventi integrati materiali ed immateriali a favore delle imprese e delle istituzioni pubbliche e private.
Il processo bottom-up potrà essere tanto più efficace, quanto maggiore sarà il grado di coinvolgimento diretto degli operatori locali, in termini di assunzione di responsabilità e di partecipazione democratica alle scelte. Il ruolo dell’Amministrazione regionale è fondamentale nella guida, assistenza e monitoraggio degli interventi, nonché nell’assicurare il confronto, anche in termini di efficacia, tra interventi attuati in territori diversi ma con un comune approccio.
A livello di programmazione sono effettuate scelte sui possibili soggetti capofila (amministrazioni pubbliche locali, soggetti pubblico-privati, associazioni di operatori privati, enti gestori di aree naturali) in relazione alle diverse tipologie di intervento locale, quali: accordi agroambientali; sostegno della competitività; servizi alla popolazione; interventi integrati multi-obiettivo.
La presenza di un quadro strategico comunitario unico per tutti i Fondi (FEASR, FSE, FESR FEP) potrà favorire la progettazione di interventi di sviluppo territoriale multi obiettivo e multisettoriale, rendendo possibili il contestuale perseguimento di obiettivi sia di efficienza e competitività, che di equità ed inclusione sociale.

Strategie di aggregazione

Uno dei principali fattori di debolezza del settore agricolo ed agroalimentare regionale è l’estrema frammentazione del sistema produttivo e di commercializzazione delle produzioni, che determina una forte marginalità degli agricoltori, ed in misura minore anche degli operatori agroindustriali, nella formazione dei prezzi all’interno della catena alimentare.
L’attuale squilibrio del potere negoziale all’interno della filiera determina la mancanza di una efficace trasmissione dei segnali di mercato, riducendo progressivamente la percentuale del valore aggiunto che il settore agricolo rappresenta nell’insieme della catena alimentare ed in definitiva pregiudicando le prospettive di sviluppo a lungo termine del settore primario.
La seconda direttrice prioritaria di intervento è incentrata pertanto sul tema dell’aggregazione di filiera attraverso la creazione di vere e proprie reti di imprese. La partecipazione degli agricoltori, in varie forme, alle fasi di trasformazione e distribuzione dei prodotti agroalimentari è infatti il più potente strumento per far acquisire, a livello di settore primario, una maggiore quota di valore aggiunto delle produzioni agroalimentari.
Con lo strumento dell’integrazione di filiera, agricola o forestale, si intende inoltre favorire il miglioramento dell’efficienza complessiva dei suoi diversi stadi, compresi tra la produzione ed il consumo, ricercando una riduzione dei costi organizzativi e di transazione.
L’intervento di filiera locale rappresenta, del resto, uno strumento di elezione nell’ambito delle strategie di azione volte allo sviluppo integrato di determinate aree rurali.
Questa modalità operativa è già stata avviata con l’attuale PSR, con interventi a favore delle filiere agroalimentari di qualità regionali e locali. Si tratta ora di estendere il sostegno regionale alle altre filiere agroalimentari, alle filiere forestali ed alle filiere energetiche e no-food.
Tenuto conto dei risultati ad oggi ottenuti, si ritiene di poter confermare alcune delle scelte effettuate in questo periodo di programmazione con le filiere locali e regionali, quali: la presenza di un soggetto promotore e di un contratto di filiera; la definizione di una condizionalità ex-ante per l’accesso e di una condizionalità ex-post per il pagamento della totalità degli aiuti.
Potrebbero, inoltre, essere introdotti alcuni nuovi elementi, quali una premialità ex-post per i progetti più efficaci, e l’informazione rivolta agli attori delle diverse filiere sulle migliori pratiche e risultati ottenuti dalle diverse aggregazioni di filiera.

Governance dei processi decisionali

Uno dei principi cardine dell’azione comunitaria, specie nell’ambito dei fondi strutturali e dello sviluppo rurale, è quello della sussidiarietà, secondo il quale ciascuna autorità svolge soltanto le azioni che non possono essere portate a termine in modo efficace ad un livello più decentrato. Con il PSR Marche, si ritiene opportuno, sia realizzare alcuni interventi ad esclusiva regia regionale, quali il sostegno trasversale ad alcune tipologie di imprese, sia attivare altri interventi secondo il principio della governance multilivello, che prevede l’assegnazione di competenze diverse ai diversi livelli operativi sub-regionali.
In tale secondo contesto la Regione definisce gli obiettivi generali e le modalità operative che dovranno essere seguite affidando ai livelli operativi più bassi le scelte sulle più opportune forme di sostegno in relazione alle esigenze specifiche territoriali e/o settoriali.
Le competenze affidate al livello sub-regionale sono in ogni caso variabili a seconda degli obiettivi da raggiungere e nella fattispecie potrebbero essere riconducibili alle seguenti 4 tipologie di aggregati di funzioni:

  • Caso a): individuazione dei fabbisogni di un determinato territorio; elaborazione delle strategie di sviluppo locale; progettazione diretta di alcuni interventi; raccolta e valutazione di altri progetti; 
  • Caso b): individuazione dei fabbisogni locali; progettazione diretta di alcuni interventi; raccolta di altri progetti; 
  • Caso c): individuazione dei fabbisogni di una rete di imprese; progettazione diretta di alcuni interventi; raccolta di altri progetti; 
  • Caso d): condivisione con gli operatori locali delle soluzioni volte a risolvere specifici problemi ambientali; progettazione diretta di alcuni interventi; raccolta di altri progetti. 

Si intende, inoltre, confermare ed in alcuni casi accentuare l’impostazione dell’attuale PSR che vede la presenza di una condizionalità ex-ante per l’accesso agli aiuti, di un contratto tra gli aderenti, e di una condizionalità ex-post per la conferma degli aiuti e/o l’accesso ad aiuti aggiuntivi.
La condizionalità ex-post potrà essere rappresentata da condizioni vincolanti e misurabili quali: tempi di realizzazione e spesa, rispetto delle procedure da seguire, rispetto di obiettivi di risultato (quali ad esempio: fatturato di filiera, adesioni a progetti di tutela ambientale ecc.); oppure da condizioni “obiettivo” non vincolanti, ma funzionali ad esercitare una pressione nei confronti dei diversi attori partecipanti attraverso il monitoraggio e la divulgazione comparativa dei risultati raggiunti.
Affinché si possa massimizzare l’efficacia degli interventi si sottolinea ancora la necessità della più ampia partecipazione democratica degli attori interessati che conduca: alla definizione di obiettivi chiari e quantificabili; alla costante verifica dei risultati raggiunti in corso d’opera, specie in modo comparativo con quanto ottenuto da altri “gruppi”; all’ascolto e alla valutazione di eventuali proposte correttive e/o alternative; alla lettura dei risultati finali ottenuti in termini di impatto quantificati da un soggetto valutatore indipendente.

Le priorità trasversali

Nell’ipotesi di una probabile riduzione di risorse disponibili con il PSR, assumeranno un rilievo sempre maggiore le azioni di sostegno allo sviluppo del capitale umano. La programmazione regionale dovrebbe pertanto esaltare il ruolo della formazione professionale, della consulenza aziendale e dell’informazione a tutti i livelli.
Al fine della massimizzazione degli effetti ottenuti si ritiene opportuno, peraltro, che le suddette azioni siano attentamente finalizzate al raggiungimento di obiettivi specifici. A tal fine potranno essere attuate tutte le azioni sopra indicate, soltanto nell’ambito del sostegno rivolto: 1) a progetti di sviluppo territoriale; 2) ad accordi agroambientali; 3) ad accordi di filiera. Le azioni di formazione e consulenza potranno inoltre essere finanziate anche in diretto collegamento con investimenti aziendali.
È confermata la strategia regionale volta al sostegno prioritario delle produzioni di qualità, con particolare riferimento ai prodotti a denominazione di origine, alle produzioni QM e ai prodotti biologici. Viene in ogni caso ribadita con forza l’opzione non OGM per le produzioni agroalimentari marchigiane. Per quanto riguarda le produzioni QM si ritiene opportuno ampliare ulteriormente il numero e la quantità di produzioni certificate, favorendo al contempo iniziative volte all’ottenimento per alcune di esse del riconoscimento della denominazione di origine. La tracciabilità delle produzioni fino al consumatore finale andrebbe estesa per quanto possibile a tutte le produzioni biologiche regionali. Viene rinnovata la scelta delle limitazione del sostegno della promozione e della loro certificazione, nell’ambito degli accordi di filiera e del vino.
È necessario rilevare come qualsiasi tipo di intervento volto alla riduzione dell’impatto ambientale dell’attività agricola o alla tutela dell’ambiente ha la possibilità di determinare risultati significativi soltanto se adottato su aree contigue che coprano una adeguata estensione territoriale. Una terza priorità riguarda pertanto la concentrazione territoriale degli interventi agroambientali.
Uno degli elementi di maggiore criticità dell’attuale periodo di programmazione è risultata la complessità delle procedure causata in gran parte dalla stratificazione successiva delle norme comunitarie, nazionali e regionali. Priorità assoluta per il prossimo PSR è quindi la semplificazione amministrativa, che andrà perseguita sin dall’attuale fase di negoziato con la Commissione Europea con proposte di modifica dei nuovi regolamenti, per poi proseguire nella definizione delle regole di attuazione e controllo nazionali, fino ad arrivare alla stesura definitiva dei bandi regionali. Due primi elementi di semplificazione da considerare sono: a) l’applicazione per quanto possibile di pagamenti basati su importi forfettari o tabelle standard di costi unitari; b) un sistema dei controlli proporzionato all’entità degli aiuti erogati ed effettuato sulla base dell’analisi del rischio.

Alcune scelte specifiche

A livello di scelte operative si avanzano alcune prime proposte su cui attivare un ampio dibattito al fine di giungere a decisioni finali il più possibile condivise:

  • il “pacchetto giovani” attivato con l’attuale PSR viene giudicato in modo molto positivo. Si ritiene pertanto utile la sua riproposizione, con eventuali adeguamenti quali la possibilità di optare per una maggiore quota di sostegno in conto interessi ed un più efficace utilizzo dello strumento di garanzia finanziaria. Non si ritiene opportuno attivare uno specifico sottoprogramma “giovani agricoltori”; 
  • uno dei più gravi problemi che attualmente stanno affrontando le aziende beneficiarie del PSR, è la difficoltà di accesso al credito, già esistente di norma per le aziende debolmente capitalizzate, ma ora fortemente accentuata dallo stato di crisi economica globale. Diviene pertanto indispensabile proporre specifiche soluzioni quali: a) accesso alle misure di ingegneria finanziaria, con particolare riferimento ai fondi di garanzia cofinanziati; b) svincolo delle risorse erogate con il vecchio PSR per i fondi di garanzia, per aumentare la capacità di intervento di banche e Confidi; c) favorire l’accesso ad altre risorse, normalmente non utilizzate dal comparto agricolo, quali i fondi BEI; 
  • le filiere locali non hanno ancora manifestato tutte le loro potenzialità, ma non si nutrono dubbi sulla loro efficacia nella valorizzazione delle produzioni agroalimentari locali. Tale tipologia di intervento andrebbe, come già detto, estesa anche alle filiere forestali ed alle filiere energetiche e no-food, cercando peraltro ogni possibile interazione con interventi territoriali agroambientali e/o di sviluppo integrato. È sicuramente opportuno allargare il campo di intervento anche alle micro filiere, intese come piccole associazioni di produttori finalizzate alla realizzazione di filiere corte. Si ritiene che l’attivazione delle filiere corte possa avvenire efficacemente anche senza la definizione di uno specifico sottoprogramma; 
  • il campo di applicazione delle filiere regionali dovrebbe essere allargato anche ad altri settori oltre a quelli dell’attuale PSR, con particolare riferimento all’ortofrutta trasformata;
  • l’intervento a sostegno delle aree montane andrebbe organizzato all’interno di uno specifico sottoprogramma “aree montane” in considerazione delle forti disparità esistenti tra queste aree e le restanti zone marchigiane in termini di: minore redditività dei terreni agricoli, maggiori difficoltà di accesso ai servizi alla popolazione, maggiore distanza dai mercati di consumo, ecc. La complessità di tali problematiche richiede infatti un particolare approfondimento tematico e la individuazione di specifiche strategie di intervento; 
  • le modalità di accesso al sostegno delle aziende agricole per la realizzazione di investimenti strutturali, andrebbero differenziate in relazione alla dimensione degli stessi. In particolare, mentre si ritiene opportuno confermare l’attuale procedura per le grandi aziende e i grandi investimenti, per i piccoli investimenti proposti da particolari aziende (ad esempio, aziende ubicate in area montana, aziende multifunzionali a conduzione familiare, ecc.) si dovrebbe individuare una procedura semplificata; 
  • per quanto riguarda gli accordi agroambientali d’area, nel confermare i principi generali attualmente previsti, andrebbe incoraggiata la creazione di stretti legami tra questi accordi e progetti integrati d’area volti sia alla valorizzazione delle produzioni locali di qualità, sia al miglioramento dell’attrattività turistica dei medesimi territori; 
  • uno dei settori di diversificazione dell’attività agricola che si ritiene possa avere ampi margini di sviluppo nel prossimo periodo è quello delle energie rinnovabili. Alcune possibili opzioni sono: a) non sostenere investimenti destinati alla produzione di energia che utilizzano come materia prima prodotti agricoli; b) preferenza per gli investimenti in grado di garantire l’autosufficienza energetica aziendale e familiare; c) priorità per il sostengo di investimenti collettivi in filiera con utilizzo di materia prima forestale e/o dei sottoprodotti agricoli ed agroalimentari; 
  • sempre nell’ambito della diversificazione dell’attività agricola, andranno attentamente valutate tutte le potenzialità di sviluppo legate all’attività di erogazione di servizi sociali a favore dell’infanzia, degli anziani, di individui disagiati, ecc.;
  • per il futuro andrebbe infine confermato l’attuale forte sostegno al settore biologico, pur con una correzione significativa delle condizioni di ammissibilità. La proposta è quella di escludere il sostegno generalizzato al settore, definendo in sede di programmazione criteri stringenti di ammissibilità agli aiuti, ovviamente largamente condivisi dal partenariato. In questa sede si propone un primo elenco di condizioni, delle quali almeno una deve essere posseduta per l’accesso agli aiuti: a) adesione ad una filiera biologica; b) adesione ad accordi agroambientali d’area; c) coltivazione di terreni ricadenti un area Natura 2000; d) coltivazione di terreni ricadenti in area protetta e in area ZVN.
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