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Periodico registrato presso il Tribunale di Ancona n. 13 del 10 maggio 2012

ISSN: 2280-756X

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Le malattie professionali dei lavoratori del settore agricolo in Italia

Un’analisi statistica delle recenti tendenze


Velia Bartoli
Università di Roma “La Sapienza”

Agrimarcheuropa, n. 3, Settembre, 2012

Generalità e metodologia

Si definiscono malattie professionali gli “stati morbosi” che derivano dall’esposizione prolungata a fattori di rischio connessi all’attività lavorativa svolta, in relazione all’ambiente, ai mezzi utilizzati, alla postura sul lavoro, così come agli agenti fisici e chimici cui si viene esposti (D.P.R. 1124, 30 giugno 1965). Tali malattie, sia per il numero elevato che per la gravità delle conseguenze sulla salute dei lavoratori, rappresentano un costo umano e socio-economico assai rilevante (Ortolani et al., 2006), almeno pari a quello degli infortuni sul lavoro, rivestendo inoltre  un interesse sempre crescente in ragione di svariate motivazioni: il cambiamento dei rischi e dell'esposizione ad essi, in funzione del cambiamento del mercato e dell'organizzazione del lavoro; l'esposizione extralavorativa in ambiente di vita a specifici rischi (già presenti o meno in ambiente lavorativo); il ruolo di stili e abitudini di vita come concausa nel determinare specifiche patologie. Tutto ciò ha portato alla comparsa di nuove patologie correlate al lavoro nonché al mutamento di quelle esistenti, determinando lo sviluppo di studi e ricerche mirati a colmare il deficit conoscitivo, e nel contempo a indirizzare più adeguatamente le strategie di contenimento del numero e della gravità dei fenomeni patologici.L’agricoltura in Italia è da sempre uno dei settori produttivi più importanti anche se presenta numerosi punti critici per ciò che riguarda la tutela della salute e sicurezza sul lavoro (Bartoli V. e Bartoli L., 2011). Malgrado tutte le trasformazioni ed evoluzioni tecnologiche, l’agricoltura italiana ha conservato caratteristiche peculiari e ben differenziate da tutti gli altri settori produttivi. Il lavoratore agricolo, infatti, solitamente si occupa di colture differenti, svolgendo più mansioni nella stessa giornata, prevalentemente in ambiente esterno, su terreni spesso irregolari, utilizzando macchine e prodotti chimici tipici di ciascuna lavorazione. A queste caratteristiche generali, se ne aggiungono altre di tipo sociale, quali ad esempio la sovrapposizione tra ambiente di vita e di lavoro, la dispersione territoriale delle aziende agricole, il ridotto numero di addetti per azienda, la prevalenza di lavoratori autonomi rispetto a quelli dipendenti, l’età media avanzata degli agricoltori. La molteplicità e l’eterogeneità dei diversi lavori colturali comportano una notevole varietà di rischi per la salute  dei lavoratori, specifici per ciascuna coltura e variabili in funzione dei cicli stagionali e dei diversi momenti del processo produttivo. L'analisi dei tassi di frequenza delle malattie professionali denunciate all'Inail rappresenta in buona misura quanto percepito dai lavoratori in merito alle possibilità di ammalarsi a seguito dell’attività lavorativa svolta nel settore agricolo, nonché le dimensioni del fenomeno che le autorità competenti sono chiamate a gestire. Si ritiene inoltre che detta analisi possa risultare utile a svolgere una valida azione di sensibilizzazione diretta sia ai lavoratori che ai datori di lavoro.
In questo  lavoro si vogliono passare in rassegna i principali fattori di rischio per la salute  dei lavoratori agricoli, focalizzando l’attenzione sulle principali tecnopatie riscontrate nel settore.  L’analisi è stata svolta, separatamente per ciascuno dei due sessi, quantificando il fenomeno mediante i rapporti (moltiplicati per 1000 e definiti “tassi di incidenza”) tra il numero annuale delle malattie denunciate all’INAIL dai lavoratori agricoli – distinte in base al tipo di patologia – e il corrispondente ammontare degli occupati nello stesso settore primario negli anni dal 2005 al 2010.
Quanto alle statistiche di base, si è fatto ricorso ai dati delle rilevazioni INAIL e ISPESL in materia di denuncie di malattia, mentre quale popolazione di riferimento si è considerata quella risultante dalle rilevazioni ISTAT sulle “Forze di lavoro” negli anni suddetti.

 

Descrizione dei principali risultati

Nel 2010 il settore agricolo ha registrato oltre 6400 denunce di malattie professionali (INAIL, 2010), cifra che rappresenta il valore più alto degli ultimi 15 anni,  confermando e anzi accelerando la crescita del fenomeno osservata fin dal 2007. L’aumento del numero delle denunce di malattie professionali, specialmente per quanto riguarda l’agricoltura, che può essere dovuto solo in parte al peggioramento delle condizioni di lavoro, risulta legato principalmente a tre aspetti di seguito elencati.
In primo luogo, dipende dalla partecipazione come relatori dei medici che nei convegni e seminari promossi  dalle parti sociali, da società scientifiche nazionali e da altri enti contribuiscono a sensibilizzare gli operatori del settore agricolo e i medici di base ad una maggiore attenzione nei confronti delle malattie lavoro-correlate, comportando una più matura consapevolezza raggiunta da lavoratori e datori di lavoro.
In secondo luogo, le malattie, rispetto agli infortuni determinati da un evento istantaneo e traumatico,  presentano peculiarità di insorgenza di natura lenta e talora subdola, che richiede tempi di latenza e di palese manifestazione anche molto prolungati.
In ultimo, la stessa istruttoria Inail, nel caso di alcune patologie, è più complessa e lunga rispetto ai casi di infortunio, senza contare che sulle malattie correlate al lavoro emergono sempre nuove conoscenze scientifiche. Appunto  per questo, i casi denunciati potranno continuare ad aumentare facendo emergere una visione più realistica della situazione portando, com’è auspicabile, a una prevenzione sempre più attenta e aggiornata (Rossi, 2010).
In merito alle patologie professionali che possono colpire il lavoratore agricolo, si può fare una classificazione che prevede malattie legate all’ambiente di lavoro, nonché a materiali e a strumenti di lavoro  (Battaglini, 2006). Tra le prime, sono da segnalare i danni provocati da agenti atmosferici (affezioni respiratorie, reumatologiche ecc.). Nelle patologie da materiali vanno evidenziate le affezioni acute e croniche derivate dal contatto con animali, dall’uso di pesticidi e dalla manipolazione di concimi sia naturali che di sintesi. Le patologie da strumenti agricoli sono caratterizzate in prevalenza da lesioni traumatiche di vario tipo ed entità quali, ad esempio,  danni da vibrazioni, otopatie da rumore, artropatie da microtraumi e intossicazioni da gas di scarico. Disturbi muscolari e articolari, come pure atteggiamenti viziati e finanche deformazioni, sono infine determinati da posture di lavoro innaturali – obbligate o meno – ovvero da posizioni incongrue (Smuraglia, 2008).
La Tabella 1 descrive la graduatoria  dei tassi di incidenza delle malattie professionali  per regione e settore di attività economica. Nel settore agricolo, le regioni che mostrano i tassi di incidenza più elevati sono: Abruzzo, Sardegna, Marche e Umbria. E’ interessante notare come le prime tre regioni menzionate condividano lo stesso risultato negativo anche nei settori non agricoli.
La diversa composizione per settori a livello regionale che potrebbe influenzare la minore o maggiore presenza di tecnopatie non basta da sola a giustificare le differenze riscontrate. Un ulteriore fattore potrebbe essere l’elevato tasso di sottodenuncia del fenomeno legato alle malattie professionali che spiegherebbe i bassi tassi di incidenza registrati da regioni quali Sicilia, Lazio,  Lombardia e Calabria.

Tabella 1 – Graduatoria dei tassi di incidenza delle malattie professionali (malattie x 1000 occupati) per regione e settore di attività economica, media 2008-2010

Fonte: elaborazioni su dati INAIL e ISTAT

L’esame degli indici di incidenza delle malattie professionali denunciate per la “gestione agricoltura” contenuti nella Tabella 2 inriferimento all’insieme dei due sessi e al totale delle malattie, mostra il generale forte aumento (dall’1,39 per 1000 del 2005 a7,16 del 2010) subito dall’indice nel breve periodo considerato. Maggiormente rappresentata è la patologia a carico dell’apparato muscolo-scheletrico, che nell’ultimo decennio ha preso il sopravvento sulla ipoacusia da rumore e sulle malattie respiratorie che hanno storicamente rappresentato le patologie professionali più segnalate in ambito agricolo (Draicchio et al., 2007).
Passando a considerare più in dettaglio gli indici della Tabella 2, emerge con chiarezza come il tasso di incidenza delle malattie osteo-articolari e muscolo-tendinee dei lavoratori agricoli sia sistematicamente – e in misura considerevole – superiore a quello delle altre tecnopatie nell’ambito di ognuno dei due sessi. Inoltre è immediato riscontrare per dette patologie le rilevanti disparità  tra lavoratori e lavoratrici  a tutto  svantaggio di queste ultime: infatti il valore dell’indice di incidenza nel 2010 risulta per le femmine circa il doppio di quello maschile  (9,69  per 1000 contro il 4,74). 
Tale circostanza è del resto assai verosimile, visto che queste tecnopatie derivano principalmente dall’uso di mezzi e attrezzi meccanici (dal trattore all’aratro, dalle macchine per la raccolta a una vasta gamma di attrezzature) spesso pesanti e poco ergonomici per le lavoratrici (Smuraglia,  2008).  Se inoltre si fa riferimento ai tassi di incidenza femminili per il totale delle malattie (Tabella 2) è possibile valutare in modo più analitico la penalizzazione delle lavoratrici agricole rispetto ai lavoratori. I  valori  dell’indicatore  di incidenza  per il totale delle malattie passano da 1,2 nel 2005 a 5,9 nel 2010 per i maschi, cui fanno riscontro quelli notevolmente più alti (da1,8 a 10,3 per le femmine).  Le donne rappresentano – secondo i dati Istat – più del 39% della forza lavoro impiegata nell’agricoltura italiana, mentre il 30% delle aziende agricole è gestito da imprenditrici  (ISTAT 2005-2010). Un esercito di lavoratrici efficienti e motivate ma esposte più degli uomini ai fattori di rischio: il lavoratore agricolo svolge  la propria attività in un ambiente di lavoro soggetto alle variazioni climatiche, con ritmi lavorativi particolari e variabili, usando mezzi e attrezzi pesanti, tutte condizioni che evidentemente mal si adattano alle caratteristiche fisiche femminili.

Tabella 2 – Tassi di incidenza delle malattie professionali (malattie x 1000 occupati) nel settore agricolo in Italia, per tipo di tecnopatia e sesso negli anni indicati

Fonte: elaborazioni su dati ISPESL, INAIL e ISTAT

Prendendo in considerazione i numeri indici temporali (2005 = 100) contenuti nella Tabella 3, viene ulteriormente precisato il generale andamento crescente dei tassi di rischio: questi risultano mediamente quintuplicati (514,9 nel 2010 fatto uguale a 100 il valore del 2005), con riguardo all’insieme dei due sessi. L’aumento più marcato riguarda le malattie dell’apparato muscolo-scheletrico (721,6). Viceversa l’andamento crescente sembra non riguardare i disturbi psichici da stress, i cui  valori oscillanti nel periodo considerato non presentano una decisa tendenza.

Tabella 3 – Numeri indici (2005 = 100) dei tassi di incidenza delle malattie professionali del settore agricolo in Italia, per tipo di tecnopatia e sesso negli anni indicati

Fonte: elaborazioni su dati ISPESL, INAIL e ISTAT

 

Conclusioni

Il comparto dell’agricoltura in Italia presenta numerosi punti critici per ciò che riguarda la tutela della salute e la sicurezza sul lavoro, in parte imputabili ad alcune peculiari caratteristiche del settore. In questi ultimi anni infatti, malgrado la progressiva riduzione del numero degli addetti dell’agricoltura, i casi di malattie professionali  hanno subito un aumento significativo: la meccanizzazione e l’uso di prodotti chimici, aggiunte alle difficoltà strutturali del lavoro nei campi, hanno accentuato ed esteso la probabilità di  rimanere vittima di una qualche malattia da lavoro (De Virgilio, 2010). Inoltre, l’agricoltore non svolge, in genere, lavorazioni esclusive ma è impegnato in più attività, il che lo espone a molteplici fattori di rischio, insiti nell’ambiente in quanto tale, nelle varie lavorazioni, nell’organizzazione del lavoro.
Dall’insieme degli indicatori presentati in questo lavoro è immediato riscontrare che i tassi di incidenza delle malattie professionali risultano notevolmente superiori per la componente femminile rispetto a quella maschile. Maggiormente rappresentata è la patologia a carico dell’apparato muscolo-scheletrico, seguita dalla ipoacusia da rumore e dalle patologie del’apparato respiratorio. I dati evidenziano dunque la necessità di incrementare la consapevolezza del rischio negli operatori agricoli allo scopo di agevolare l’adozione delle necessarie misure di prevenzione e protezione.
Si consideri inoltre che il sistematico utilizzo di macchinari espone tra l’altro il lavoratore a rumore e a vibrazioni, così che sarebbe opportuno, per limitare alcune patologie riscontrate, impiegare attrezzi idonei (caschi, cuffie o inserti auricolari, guanti antivibranti), limitare la durata di esposizione e, quando possibile, scegliere macchinari poco rumorosi, con un minor grado di vibrazione e provvisti di sedili regolabili in base alla statura e al peso del lavoratore.
Una possibile forma di prevenzione delle malattie professionali potrebbe essere inoltre attuata effettuando interventi di sensibilizzazione sulle organizzazioni di categoria, al fine di garantire comunque una sorveglianza sanitaria di base, mirata alla generica valutazione dello stato di salute del lavoratore agricolo. Sarebbe anche utile coinvolgere i medici competenti che operano nel territorio nell’organizzazione di incontri con gli operatori del settore, finalizzati alla definizione di criteri per la sorveglianza e la prevenzione – anche con l’ausilio di specifici e mirati corsi di formazione – dei rischi legati alle malattie professionali (Rovelli, 2008).

 

Riferimenti

Bartoli L., Bartoli V. (2011), “Un’analisi statistica degli infortuni sul lavoro nell’agricoltura italiana tra il 2005 e il 2009”, Agriregionieuropa, anno 7, n. 24, marzo.
Battaglini E. (2006), “Salute, sicurezza e tutele nel lavoro”, Rapporto di ricerca IRES-INCA.
Brusco A., Gallieri D. (2010), “Il lavoro, gli infortuni e le malattie professionali”, INAIL.
Castel R. (2004), L'insicurezza sociale, Einaudi, Torino.
De Virgilio V. (2010), “Le nuove frontiere delle malattie professionali Tecnopatie e nuove prassi in tema nesso di casualità”. Scuola internazionale di Dottorato in Formazione della persona e del diritto del mercato del lavoro. Adapt – CQIA, Università degli Studi di Bergamo.
Draicchio F., Silvetti A., Papale A. (2007), “Valutazione del rischio da movimentazione manuale dei carichi nei settori agricoli della frutticoltura e orticoltura”. Focus, n. 3, pp. 65-77.
INAIL (2005-2010), “Rapporto annuale”, Roma.
ISTAT (2005-2010), “Rilevazione sulle Forze di lavoro”. Roma.
Ortolani G., Amatucci S., Cipolloni F., Brusco A. (2006), “Quanto costano all’azienda Italia i danni da lavoro; i nuovi criteri di valutazione; l’approccio metodologico di EUROSTAT su dati INAIL sull’andamento degli infortuni sul lavoro”, Luglio, n. 7. 
Rossi A. (2010), L’infortunio sul lavoro e le malattie professionale, collana Professionisti e imprese,La Feltrinelli.
Rovelli M., (2008), Lavorare uccide, BUR Biblioteca Univ. Rizzoli, Milano.
Smuraglia C. (2008), Le malattie da lavoro, Ediesse, Roma.

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